Le donne, secondo il maestro, hanno una parte perversa molto più coriacea e resistente di quella degli uomini. Le donne che non appartengono al cerchio, così come quelle che non “fanno il lavoro” la agiscono costantemente e in modo automatico. Le donne, veniva detto e forse viene detto ancora, riescono ad avere tra loro relazioni prevalentemente perverse, dato che agiscono da uno spazio di attrazione lesbica non dichiarata (omosessualità latente), tranne alcune donne che si trovavano a stretto contatto col maestro e che vengono indicate da lui come esempio alle altre.La funzione più nobile della donna è, nell’opinione del maestro, quella di essere una”terra fertile che deve accogliere il seme del guerriero e farlo riposare nel suo seno”. Per raggiungere questa condizione ottimale, essa deve purificarsi, eliminare i lati perversi che le sono stati trasmessi dalla madre e diventare così una vera Donna, degna compagna del Guerriero.Cosa deve fare la donna per purificarsi? Il primo passo è riconoscere i suoi lati perversi. Questo avviene pubblicamente, durante quella sorta di “confessioni pubbliche” che sono i momenti di condivisione nei seminari e lavori affini. Dopo la condivisione, comincia l’azione di pulizia. Una delle prime cose da fare è chiarire la relazione con la propria madre impedendole di continuare a relazionarsi con loro dal lato perverso. Di volta in volta il maestro chiarisce quali sono i comportamenti che non vanno bene. Se la madre presenta troppe resistenze a capire, allora è meglio interrompere i rapporti, in quanto, rimanendo in contatto con persone che agiscono da quello spazio, è molto facile essere “riportate indietro” sui sentieri della perversione. Chiarita la relazione con la madre, bisogna chiarire quella con le amiche e interrompere i rapporti con eventuali amiche perverse che si avevano prima di cominciare il lavoro se no sono disposte a cambiare. Le donne devono mantenere sempre all’erta la loro attenzione per capire se, nelle relazioni con le altre donne, si attivano meccanismi riconducibili alla spinta dell’omosessualità latente. Sotto questo profilo, esse trovano un valido aiuto sia nei compagni, che vigilano sulle loro relazioni, alcuni anche in modo molto zelante, che nel maestro, sempre pronto ad offrire il suo contributo per individuare ciò che non va. Forse potrebbe non sembrare, dalla breve descrizione che faccio, ma questo, già di per sé, favorisce il nascere di tensioni piuttosto forti nei confronti delle altre donne, anche di quelle del gruppo. Ad alimentare la tensione contribuiscono tutta una serie di pressioni volte ad uniformare il comportamento delle donne all’idea che il maestro ha di “donna che ha fatto il passaggio”. Di questo Passaggio parlerò in modo più esteso tra breve.Mi ricordo che alcuni anni fa venne introdotto uno strano rituale cui venivano sottoposte le donne più resistenti a spogliarsi dei loro lati perversi. Lo chiamerò “rituale dello scatolone degli orrori”.Negli anni, il maestro aveva raccolto vari oggetti che alcune donne avevano portato ai seminari e che rappresentavano per loro gli agganci ai lati perversi delle loro madri. La maggior parte di quegli oggetti erano stati donati loro dalle proprie madri. Lo scatolone conteneva di tutto: da completini sexy, a bambolotti dal volto inquietante, a biberon dalla forma fallica e altre amenità del genere. Durante il seminario vi era il momento della consegna dello scatolone degli orrori. Solennemente, la donna che lo aveva tenuto (di solito per un mesetto durante il quale doveva mettersi i completini sexy davanti allo specchio e tenere in mano i vari oggetti, meglio che ci dormisse anche in mezzo, veniva detto dal maestro, per meglio entrare nella dimensione perversa che essi rappresentavano) lo consegnava ad un’altra donna che “aveva bisogno di starci dentro” per “aiutarla” in questo modo a capire e abbandonare i suoi lati perversi. Era uno spettacolo che stringeva il cuore osservare come quella che lo consegnava stava impettita e quasi pietrificata nell’espressione e quella che riceveva non sapeva come fare a trattenere le lacrime. Perché ricevere lo scatolone era come essere additata come la donna più perversa del gruppo, quella che stava attaccata alla sua “perversione” con le unghie e coi denti. Non era una bella figura da fare nel gruppo e non lo era neppure per il suo eventuale compagno che, velatamente, veniva considerato uno che non riusciva a tenere la mogie sulla retta via. Chi doveva consegnare lo scatolone, prima di consegnarlo si consultava col maestro su chi fosse più opportuno che lo ricevesse e lui era sempre pronto a dare l’indicazione giusta circa la destinataria.Attualmente, questo rituale non è più in uso nei seminari del grande maestro, non so se lo è ancora nei seminari degli altri maestri.La figura del compagno è determinante per l’evoluzione di una donna. Infatti, quelli/e che nel gruppo non sono accoppiati/e non possono trovarsi completamente a loro agio in un gruppo che presenta la famiglia come valore massimo e primo traguardo cui aspirare. E fin qui niente di male.Il problema è che è molto difficile riuscire ad avere una famiglia o una relazione con una persona al difuori del gruppo, con una persona che “non si fa il lavoro”. O la famiglia è tutta arkeoniana, o i bastoni fra le ruote sono tanti. Mi sembra che anche su questo forum vi siano diverse testimonianze al riguardo. Quasi superfluo dire che il maestro si prodiga per trovare a tutti una sistemazione, indicando questa o quell’altro come potenziali compagni/e a chi non ne ha, spesso interferendo anche in modo incisivo nelle relazioni fra le persone. Se qualcuno si domandasse a che scopo, suggerirei di considerare quanto sia difficile riuscire a non cambiare sotto la spinta di condizionamenti che non vengono solo dai seminari ma anche dal proprio partner, nella vita di tutti i giorni. Per non soccombere sotto tali pressioni psicologiche, o si cambia, o si molla. E se molli non c’è problema. Nel gruppo spesso c’è chi farà felicemente le tue veci come “uomo” o “donna della vita” al fianco della tua ex compagna/o.Tornando al discorso della donna, dicevo che la relazione col compagno è determinante per capire se una si è liberata o no dai perversi condizionamenti della madre. Di pari passo col pulire le relazioni con le donne, bisogna pulire la relazione col compagno da tutte le eventuali perversioni. Per far questo, viene richiesta la totale sottomissione della donna all’uomo. Ma più che sottomissione bisogna parlare di “obbedienza” perché, dice il maestro, se una è sottomessa non vi è vero affidamento in quanto nella sottomissione c’è una parte di rabbia, mentre nell’obbedienza c’è l’affidamento totale (stesso discorso dell’affidamento al maestro). E qui tocchiamo un punto spinoso per le signore. Per anni questa obbedienza ha significato stare zitte, non ribattere anche se il compagno diceva delle cavolate. Se il compagno aveva ancora un processo per cui “non riusciva ad uscire nel modo” da vincente, come un vero guerriero degno di questo appellativo doveva fare, la donna doveva tirarsi indietro per favorirne l’espressione nel mondo. Per molte donne questo ha significato lasciare il lavoro (non andava bene che una donna guadagnasse più del suo compagno, se questo succedeva con buona probabilità era responsabilità della donna che gli impediva di prendere il posto che gli competeva a capo della famiglia). Ma se questo poteva non avere serie ripercussioni sul menage famigliare dei benestanti e/o ricchi, certamente lo aveva sulle famiglie di chi, per arrivare alla fine del mese, doveva contare su 2 stipendi. E mi piacerebbe sapere come la pensa chi, per seguire queste splendide teorie, ha visto il suo tenore di vita abbassarsi drasticamente. In seguito, dato che se non ci sono soldi per vivere non ce ne sono neppure per fare i seminari, anche le donne hanno potuto ricominciare a lavorare senza per questo sentirsi in difetto. Nel frattempo, però, molte hanno visto le loro belle carriere rovinate da queste credenze. Contenti loro….
Tiresia
- continua -