sabato 13 marzo 2010

Ruolo del Padre in Arkeon

Ruolo salvifico del padre (o del maestro)

Il padre è la rappresentazione di Dio, ma il figlio non può arrivare a Dio se prima non passa attraverso l'umiltà di riconoscere la parte grande del padre (primo passaggio), cosa che si ottiene staccandosi dagli insegnamenti della madre che lo hanno presentato al figlio come un fallito, ubriacone, violento ecc. e ottenere la sua benedizione (secondo passaggio) attraverso la quale egli trasmette al figlio la fiamma sacra dello Spirito dei Padri (in gergo: passaggio di fiamma).

Bisogna tenere presente che il padre (materiale) ha anche una "parte piccola" che ha trasmesso al figlio. Per riconoscere la "parte grande" del padre bisogna perdonare la sua "parte piccola" e ci si può a propria volta sganciare dalla propria "parte piccola" (che sarebbe poi l'ombra in psicoanalisi).
Così come la direzione del padre è verticale (ascesa verso lo spirito, verso Dio), la luce è propria del mondo del padre. Il suo contrario, la tenebra (l'ombra) è propria del mondo della madre, della materia (e la direzione della madre è orizzontale, per amor di completezza).

Durante il suo percorso verso il mondo del padre, il figlio si trova davanti alla relazione che ha avuto con il suo "padre materiale": emerge il problema della competizione, del conflitto col padre e, in senso più ampio, con le figure di autorità (fra cui i maestri). In questo problema si possono individuare due componenti:

1) Una componenete che deriva dall'appartenenza alla madre: il conflitto viene quindi generato per proteggere la madre. Oppure
2) c'è la volontà di mettere alla prova l'autorità del padre (frase chiave: "solo se la tua autorità è vera posso camminare sui tuoi passi"). A questa volontà è legata anche la continua provocazione nei confronti del padre per ottenere da lui lo "schiaffo sacro" come dimostrazione della sua autorità.

La motivazione che sta alla base del conflitto col padre (1 o 2) si svela durante il "lavoro" che si fa col maestro. Il maestro è colui che "facilita" lo studente a capire qual'è la spinta che agisce nel suo conflitto col padre.
Se una persona non riesce a svelare la sua "parte grande" è perchè sta agendo ancora dalla sua "parte piccola" (legata alla madre).

Da quanto detto si può facilmente intuire l'importanza che viene data in arkeon all' obbedienza al maestro.
Questa obbedienza ha lo scopo di far crescere l'autorità interiore dello studente. Ma il fondatore del gruppo avverte: il maestro, accogliendo la proiezione paterna dello studente, ha il potere di trasformare una persona in "sacra" o "debole". Se il maestro agisce dallo spazio sacro del padre, tira fuori la parte sacra, se agisce dallo spazio della madre, rende lo studente debole e dipendente.
Per questo il maestro deve "stare sveglio" e riconoscere sia da che spazio interiore sta agendo lui, sia qual'è la verità dell'altro. In questo caso specifico, sarà il maestro a condurre lo studente a capire da cosa viene generato il suo conflitto con l'autorità: se dall'appartenenza alla madre, se dalla ricerca di una conferma dell'autorità del padre.

- Un mio breve inciso: ma non è il lavoro dello psicoterapeuta, questo? -

Tiresia

martedì 9 marzo 2010

Di come la madre possa rendere l'anima mortale - Del ruolo salvifico del padre e, in sua mancanza, del maestro

Teorie astruse del metodo Arkeon raccontate fedelmente da un ex frequentante con nik Tiresia

Trattasi di un insegnamento impartito durante una riunione dei maestri. Riporto quanto detto dal fondatore del gruppo.

Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza. L'uomo creato da Dio è Adamo.
La donna viene creata da Dio da una costola di Adamo per dargli una compagna. L'uno è quindi creato a immagine e somiglianza di Dio, l'altra è una sorta di derivato in quanto creata da una costola per alleviare il senso di solitudine dell'uomo.
Creatura di Dio è l'uomo, creatura dell'uomo è la donna. Il maschile ha un'identità paterna che si trova in Dio, mentre il padre della donna è Adamo.
Questa inferiorità della donna, sancita dall'origine della sua creazione, genera in lei un sentimento di rivalsa. Il sentimento di rivalsa è quello che genera nel femminile "la sfida" verso il maschile e il suo tentativo di separarlo dal padre per "inglobarlo" e nutrirsi in questo modo della sua energia, ovvero renderlo dipendente, legato per sempre a sè, mortale.
L'uccisione dell'uomo (psichica e dell'anima) da parte della madre prima e di sua moglie poi, rappresenta la grande vendetta di Eva contro Dio per averla creata da una costola di Adamo.

Fra le varie tecniche perverse che la madre mette in atto per separare i figli dal padre (e di cui ho già detto in precedenza, fra cui la consegna al pedofilo), vi è anche il tipo di "nutrimento" che essa propina al figlio a questo fine. Ovviamente, si tratta prevalentemente di "nutrimento psichico".

Il figlio posseduto dalla madre viene da lei nutrito, interiormente, attraverso un sentimento di onnipotenza. Per far vivere al figlio il sentimento di onnipotenza, la madre rimuove, nel figlio, il sentimento di morte, anche se il concetto di morte è di per sè contenuto nel concetto del materno. A questo proposito viene presentata (ai maestri) la seguente corrispondenza:

Mater = terra = mondo materiale = mondo della morte
Pater = Dio = mondo dello spirito = immortalità

Come fa la madre a rimuovere la morte? Semplicemente con l'atto stesso del separare il figlio dal padre. L'anima del figlio, separata dal padre, non è più immortale e può venire inglobata dalla madre. Con la rimozione della morte, nel figlio viene indotto un sentimento di onnipotenza, il delirio di onnipotenza, che lo porta a vivere senza sapere perchè, senza un vero scopo, senza il senso della sua identità.

Vediamo in dettaglio la dimensione perversa del "nutrimento" della madre non illuminata dalla luce di arkeon:

1) la madre si nutre del figlio "fisicamente" già quando lo porta in grembo (era piaciuta molto la scoperta scientifica fatta qualche anno fa circa lo scambio che avviene fra madre e figlio durante il periodo della gestazione in cui, non solo la madre nutre il figlio attraverso il cordone ombelicale, ma il figlio-feto mette in circolazione nel corpo della madre delle cellule fetali che vanno a riparare eventuali danni agli organi della madre ecc., quindi già da quando lo ha dentro, la madre lo usa per nutrire se stessa).

2) La madre si nutre del figlio "psicologicamente e sentimentalmente", assorbendo in questo modo la di lui energia quando, una volta che è uscito dal suo ventre, lo tiene legato a sè con i soliti trucchetti dettati dalla sua perversione (sensi di colpa ecc.) impedendogli la felicità e, come detto prima, il senso di identità.

3) Si nutre di lui quando, assumendo il valore simbolico di MATER-IA lo ingloba nella terra al momento della morte, decompone il suo corpo per nutrirsi e lo priva per sempre dell'anima poichè l'anima separata dal padre, nel momento della morte, non sopravvive. Solo se il figlio percorre un sentiero sacro evolutivo che lo riporta al padre/Dio la sua anima è immortale.

Ricapitolando, la madre separa il figlio dal padre e lo tiene legato a sè somministrandogli un nutrimento emotivo e psichico "perverso", nel senso che di nutrimento ha solo la parvenza poichè, in realtà, si tratta di un mero strumento che ella usa per potersi "nutrire" dell'energia del figlio (e della sua anima).
Il nutrimento che arriva dalla madre è "condizionato", nel senso che viene fornito solo se il figlio fa ciò che lei vuole (frase chiave: "ti amo se sei come io voglio") se però il figlio sgarra, se non fa come la madre vuole, se non si sottomette al suo potere, lei gli toglie il nutrimento e gli fa credere che, non avendolo, lui morirà.

Se il figlio decide di rimanere con la madre, lei gli toglie il senso di morte sostituendolo col delirio di onnipotenza e appaga i suoi bisogni - di amore, felicità, protezione ecc - Però, dato che questi sono bisogni indotti dalla madre stessa (falsi bisogni) una volta appagati continueranno a ricrearsi da soli dando vita ad un ciclo continuo di dipendenza.
Per mantenere vivo il sentimento di onnipotenza, la madre deve mantenere il figlio costantemente sotto al suo controllo.
Questa vita, priva di "amore autentico", crea nel figlio una condizione di isolamento interiore, crea un senso di separazione, di solitudine.
Dato che vive senza avere un reale contatto con la propria identità, il figlio si nutre anche dell'energia (perversa - occorre dirlo? -) che viene dal creare continuamente delle situazioni di conflitto nella sua vita.
Al figlio, così irretito, basta solo pensare di staccarsi dal mondo della madre per vivere un senso di minaccia.

Se e quando il figlio si stacca dalla madre, e questo può avvenire quando prede coscienza dei perversi comportamenti della genitrice, per ex seguendo i seminari, la prima cosa che succede è vedere le sue illusioni frantumersi e deve prendere coscienza del suo fallimento come uomo.
Quando il figlio esce dal mondo della madre e si comincia a liberare dai suoi condizionamenti perversi per entrare nel mondo autentico, il sentimento che prova è quello di una grande vulnerabilità, di un senso di precarietà. Il senso di minaccia che prova è generato dalla madre stessa ed è lo strumento con il quale la madre impedisce l'accesso del figlio alla sua identità.
Davanti a questi sentimenti, il figlio prova il desiderio di punire la madre per quello che ha fatto. Gli viene voglia di vendicare suo padre per quello che lei gli ha fatto come uomo e per fare questo cerca di dare alla madre (proiettata sulla compagna) la risposta sana che il padre (proiettato su se stesso) avrebbe dovuto darle, quindi la punisce sottraendosi a lei nella relazione di coppia (frase chiave: "tu non mi avrai"). In questo modo, però, agisce dallo spazio della "parte piccola".

Dicevo che lo strumento principale per mantenere il figlio nel delirio di onnipotenza è privarlo del senso di morte. Quando però il figlio riesce ad integrare il senso di morte scopre cosa è realmente accaduto nella sua vita: riconosce che il potere della madre è stato più forte e lo ha separato dal padre, privandolo della sua identità.

Uno dei nodi centrali del "processo degli uomini" è la ricerca dell'identità.

Il padre è colui che restituisce al figlio la libertà dal mondo della MATER-IA, gli restituisce l'identità.
Ma per arrivare al padre, bisogna prendersi la responsabilità della trasformazione.
Questo è un punto centrale perchè - viene più volte affermato - se si entra in un percorso di coscienza (come quello di arkeon) si arriva giocoforza alla trasformazione, ma per andare avanti bisogna prendersene la responsabilità.

Il Cristo indica la via del Padre e propone la vita eterna a chi la segue, ma solo se il figlio si prende la responsabilità di seguire questa via la sua anima può tornare ad essere immortale. Per farlo, deve riconoscere con grande umiltà la grandezza del padre.

Il lavoro dei maestri è indicare qual'è la direzione, la strada. L'iniziazione che si pratica nei seminari (primo, secondo, terzo livello) serve allo studente a riconoscere l'autorità del maestro, cosa che è il primo passo verso il riconoscimento dell'autorità del padre.


Tiresia
- continua -

domenica 7 marzo 2010

La funzione della Compagna

Premetto innanzitutto che in questo gruppo essere accoppiati è praticamente un dovere, un elemento determinante per la “crescita” della persona. Le donne senza un compagno vengono viste con un fondo di sospetto in quanto la prima ed essenziale condizione per cominciare il lungo percorso che porta una donna a recidere il legame con la parte perversa della madre è l’amore per un uomo. O meglio, per “l’uomo della sua vita”.
Ci sono però, anche qui, le dovute eccezioni. Raramente (molto raramente) ho visto il maestro indicare come “donne sagge” delle signore che, per l’avanzato stato di età, non sarebbe stato facile accoppiare. Ma non credo che si trattasse di una forma di rispetto per l’età, quanto più di una questione di prestigio, in quanto le signore occupavano ruoli prestigiosi e vicini alla vita politica del Bel Paese, e tutti noi sappiamo quanto il maestro sia sensibile alle persone “rappresentative”.

Quando ci si mette insieme, il primo passo consigliato dal maestro è precipitarsi dai rispettivi genitori e presentare il compagno/a come “uomo della propria vita”/”donna della propria vita”. Secondo il maestro, se la madre non accoglie con estremo entusiasmo questa unione, è segno che “sente il pericolo”, cioè sente che questo amore avrà il potere di staccare da lei il figlio/a. Il fatto che la madre sollevi dubbi sul fatto che sia proprio il compagno/a "della vita", va interpretato come segno che la persona è proprio quella giusta. Ai seminari venivano raccontati numerosi casi in cui le madri avevano fatto di tutto per osteggiare le unioni con questi “compagni della vita”.
Vale la pena ricordare che il maestro è sempre disponibile a trovare il giusto compagno/a, così come il giusto candidato/a alla trasgressione creativa, ove necessario. Lui, ovviamente, vi dirà che non è così, che avete fatto tutto voi, ma se l’osservatore ha la capacità di rimanere attento, non si farà gabbare da queste affermazioni.
Il “lavoro” di liberazione dai condizionamenti negativi trasmessi dalla famiglia di origine comincia quindi con l’amore che la donna prova per l’uomo (e che dev’essere ricambiato), amore che fornisce a lei la “forza” per cominciare a staccarsi dai lati perversi ereditati dalla madre e a lui la spinta per attuare lo stesso distacco e imboccare la lunga via che lo porterà alla sua realizzazione come uomo.

Le vie qui si biforcano: la donna dovrà necessariamente percorrere il sentiero della sottomissione e della dipendenza dal maschile e realizzarsi come moglie e madre per arrivare a essere riconosciuta “donna che ha fatto il passaggio” (chiediamoci - da dove e per dove?) e incarnare l’archetipo della “madre saggia”. L’uomo, invece, dovrà sottrarsi alla dipendenza dal femminile, in particolare dalla madre, e sottometterlo, in particolare la compagna.

La sottomissione al maschile si realizza tramite:
1) Ripetere pubblicamente al proprio compagno le frasi suggerite dal maestro: “tu sei il mio signore e padrone”, “sono la tua schiava” ecc. Questa pratica era molto in voga qualche tempo fa e sicuramente vi sono signore che la ricordano.
2) Presentare il compagno ai genitori come “l’uomo della mia vita” anche se si sta insieme da poco tempo e riferire nel seminario eventuali obiezioni dei genitori che verranno interpretate a dovere dal maestro. In genere, più l’obiezione è forte, più “viene alla luce la perversione che c’è sotto”.
3) Se non è ancora successo, ricordare l’abuso originario che ha sancito il patto con la madre e la separazione dal padre con tutto quel che ne consegue e che è già stato accennato altrove.
4) Ubbidire e Tacere, tacere e sempre tacere. Il motto che le femmine dovrebbero ripetersi costantemente. E più è forte l’impulso a parlare, più è meglio tenere la bocca chiusa. Così si bloccano gli automatismi frutto della perversa eredità, ma, purtroppo, alla lunga, si bloccano anche alcune importanti funzioni cognitive, ma questo non viene mai spiegato alle signore.
5) Se troppo coriacee, attraversare l’esperienza della “trasgressione creativa” che non credo abbia bisogno di ulteriori descrizioni.
6) Fare figli. Altrimenti come ti realizzi come madre? E come fa lui a realizzarsi come padre? Meglio se figli maschi, così l'uomo può trasmettere la sacra fiamma alla sua discendenza. E se per far figli, oh donna, devi passare la vita a sottoporti a FIVET (fecondazione in vitro) beh, meno male che a Bari c’è un centro famoso al quale vengono indirizzate le signore arkeoniane che per loro incapacità o per incapacità del marito hanno bisogno della provetta per concepire. E fin qui niente di male, se proprio uno desidera un figlio. Il problema sorge quando queste signore si sottopongono a innumerevoli “interventi di fivet” con esito negativo e, invece di dare loro un supporto psicologico per riuscire ad individuare e risolvere il problema che le spinge (anche in età piuttosto avanzata) a continuare quello strazio e le pesanti terapie ormonali che ogni fivet comporta, le si guarda con sospetto convinti che sotto ci sia “un processo”, un “rifiuto” per cui “quella” non permette agli embrioni di attaccarsi. Proviamo ad immaginare come si possono sentire quelle signore e cosa comporta questa situazione di stress, alla lunga.
7) Identificarsi con un “femminile sano”, di volta in volta indicato dal maestro, con cui relazionarsi ed “imparare” come si deve essere. E tutto quello che a questo “femminile sano” verrà in mente di dirvi, donne, testa bassa e accogliere come un dono.

Questo, e quello che già scrissi a proposito in “La via della donna”, dovrebbe mettere una donna nelle condizioni di “fare il passaggio”.
Se avessi tralasciato qualche aspetto, prego le gentili foriste di aggiungere gli elementi che ho dimenticato.

Una donna che sia ben avviata sulla via del “passaggio” può aiutare il compagno ad avvicinarsi alla fiamma sacra del padre, a riconnettersi con la “sacra fiamma del maschile” che viene trasmessa di padre in figlio.
Tiresia
- continua

sabato 6 marzo 2010

Parliamo ora della Sorella

Secondo il maestro, la sorella può diventare l’emissario della madre perversa e aiutarla in vari modi a compiere il suo volere. Di solito, per un uomo, la sorella lega il fratello a sé, quindi alla madre, attraverso l’incesto, che può essere agito oppure rimanere come legame psichico. La madre, ovviamente, favorisce lo svilupparsi di rapporti incestuosi fra i figli.
Se questo ancora non basta a legare a sé il fratello, la perversa sorella userà sua figlia (la nipotina) spingendola fra le braccia dello zio per far sì che lui ne abusi sessualmente (ricordiamo che i fratelli della madre sono sempre i migliori candidati alla perpetrazione dell’abuso sessuale). In questo modo, la nipotina diventa lo strumento della nonna per legare a sé il figlio tramite il senso di colpa e di vergogna che lui inevitabilmente proverà per aver compiuto l’abuso (in fondo, il pedofilo è buono, solo che è strumentalizzato dal femminile perverso!).
Per fare un esempio dei nefasti influssi che la sorella può avere sulla vita del fratello, il maestro raccontava un episodio accaduto a lui personalmente: il nipotino, figlio di sua sorella, era stato da lei abilmente spinto ad “occupare lo spazio del figlio” nell’inconscio del maestro. Finchè il maestro aveva tenuto in casa la foto del nipotino, non era riuscito ad avere figli. Una volta “compreso” che il nipotino “occupava lo spazio del figlio” si era sbarazzato della foto, il nipotino aveva avuto una crisi (epilettica? Non ricordo bene) dovuta al fatto che con quell’atto il maestro era riuscito a recidere il “legame psichico” che lo legava al nipote e finalmente sua moglie era rimasta incinta. Siamo nell’ambito degli incantesimi, mi pare. Madri streghe e sorelle fattucchiere.

Per una donna, la sorella è continua fonte di competizione. Spinge a competere per l’amore della madre, del padre e dei fratelli. E del proprio compagno. Molte sorelle sono vipere pronte a “fregarti l’uomo” per dimostrare così che i maschi sono “tutti stronzi” e sottrarre la malcapitata alla nefasta influenza che l’amore per un uomo potrebbe avere: staccare la donna dal suo legame con la madre. Oppure lo fa per il puro gusto di affermare la sua “superiorità”.
Anche in questo caso, per esemplificare questo aspetto, il maestro ricorreva ad un episodio da lui vissuto personalmente. L’ho sentito raccontare in svariate volte che, quando stava per sposarsi, la sorella della sua futura moglie non perdeva occasione di farsi vedere seminuda cercando di sedurlo con le sue grazie.

Tutti i rapporti di competizione fra donne derivano dalla competizione originaria con la sorella. In mancanza, si ricercherà una cugina o una giovane zia con la stessa funzione.
Tiresia

- continua –

giovedì 4 marzo 2010

Dell’omosessualità e della paura del femminile in Arkeon

La paura del femminile

Prendiamo in considerazione l’ interpretazione, presentata dal maestro, dell’universo femminile, così come si esprime nelle figure della Madre, della Compagna e della Sorella.
Alla base di tutte le problematiche che un individuo può incontrare nella vita, vi è senz’altro la negativa influenza del lato perverso della Madre (fino a poco tempo fa dominante nelle varie madri – attualmente ho sentito dire che si dà un po’ più di spazio anche all’aspetto positivo di questa bistrattata figura, ma non potrei dire molto altro in proposito perché quando io sono uscito dal gruppo questo aspetto non veniva considerato e la povera genitrice rimaneva sostanzialmente perversa) che, attraverso bieche manipolazioni, sensi di colpa, trasmissioni inconsce di dolore cosmico, riversamento sui figli di energia erotica inappagata, separazione dei figli dall’energia sacra del padre e altre amenità, contribuiva a creare blocchi, rovinare relazioni, immobilizzare i figli (maschi e femmine) sia dal punto di vista affettivo che lavorativo, togliere loro ogni possibilità di essere liberi e belli, una specie di “forfora dell’anima” – mi si permetta la battuta – o di “cancro dello spirito” che doveva essere necessariamente asportato per poter essere felici e realizzati.
I metodi per difendersi dalla nefasta influenza della Madre Perversa sono sostanzialmente due:
1) farle un bello “shampoo arkeoniano” – ovvero riuscire a portarla ad un seminario dove il maestro non avrebbe perso occasione di dimostrare pubblicamente la sua perversione sottolineando i suoi comportamenti devianti. Ci sono madri che si sono sentite dire che i regali fatti alle figlie – vestiti, completi intimi, anelli o collane, fiori donati con affetto ma al momento sbagliato, tipo per san Valentino “oibò, san Valentino è la festa degli innamorati, se tua madre regala un fiore a te, figlia, in questo giorno, sottolinea la sua tensione erotica/omosessualità latente nei tuoi confronti”, “se tua madre, figlio, non ha l’accortezza di chiudersi a doppia mandata in bagno quando si fa la doccia e tu le vedi una tetta o peggio, sta cercando di sedurti sessualmente” ecc.
Altre signore sono state pubblicamente additate come esseri perversi che non hanno esitato ad allontanare i figli/e dai rispettivi padri per consegnarli al pedofilo, altre si son sentite rinfacciare di aver trasmesso una pesantissima “eredità di dolore” alla prole col duplice scopo di controllarla legandola a sé ecc., Il tutto senza minimamente conoscere la storia e il vissuto di queste persone, di questi esseri umani – perché, non dimentichiamolo ! di esseri umani si tratta – che la maggior parte delle volte uscivano dai seminari in lacrime e con la sensazione di aver realmente danneggiato gli esseri che una madre ama di più al mondo: i suoi figli.
Già. Ed è anche molto facile far credere a una madre di non essere stata una buona madre. Perché la maggior parte delle madri, se mai vi fosse qualcuno che non se ne sia accorto (e non vi è certo bisogno di avere una laurea in psicologia per accorgersene, basta un minimo di sensibilità e di amore) è molto vulnerabile su questo punto. C’è un angolino della mente delle madri in cui esse si sentono inadeguate, credono di non aver fatto abbastanza, pensano che avrebbero dovuto dare di più, anche se hanno consacrato l’intera loro vita ai figli riscaldandola come potevano con il loro amore. E qui penso che molte madri concordino con me, io questo amore materno l’ho visto nella mia compagna, l’ho visto in mia madre e nella sua, per quanto possano a volte aver sbagliato come tutti noi facciamo. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, diceva un grande uomo, parole che andrebbero ricordate un po’ più spesso in quei seminari, o meglio, più che ricordate, messe in atto.
A quanti mea culpa di madri ho assistito, madri che si colpevolizzavano per cose assurde, madri che facevano di tutto per dimostrarsi degne dell’amore dei figli anche attraverso pubbliche umiliazioni e condivisioni di piccoli fatterelli che venivano additati come grandi colpe.
Ho sentito madri raccontare che, su consiglio del maestro, avevano condiviso al figlio di aver fatto un sogno erotico su di lui e per questo il figlio non le ha più volute vedere (ma andiamo, un sogno si può interpretare in mille modi, già Freud diceva che il sogno non è mai quel che sembra, o sbaglio? Qualche forista psicologo potrebbe spiegarci forse un po’ meglio che i sogni non vanno presi alla lettera). Ho visto madri, che erano state convinte a “confessare” la loro presunta “attrazione erotica” nei confronti dei figli, ottenere come bel risultato il provocare uno shock nei ragazzi/e con conseguente allontanamento degli stessi.
Ci vogliamo pensare agli effetti di queste scempiaggini sulla psiche di un adolescente o di un giovane? E poi, che succedeva in quelle famiglie? Che ognuno si doveva “fare il suo processo”, così, da sé o in un seminario, se decideva di continuare a seguirli. Se no cavoli suoi. E poi sento affermare che in questo gruppo non si fa psicoterapia. No, si affondano solo le mani a vanvera nella psiche della gente e poi la si lascia lì a “guardarsi il suo processo” e se poi succede qualcosa di brutto… beh, sempre cavoli suoi.
Pensate che questi pubblici mea culpa servissero a risolvere le situazioni? Ebbene, pensate male perché comunque la madre in questione veniva messa sotto osservazione, soprattutto dalla prole arkeoniana, che non perdeva occasione ad individuare in ogni comportamento, parola, gesto o suono una ricaduta nel “lato perverso”.
Solo le madri “allineate col lavoro” erano sacre. Le altre….. lascio a voi immaginare cosa fossero.
Per concludere questo primo punto, lo shampoo arkeoniano si poteva fare anche extra seminario. In questo caso era lecito andare dalla madre e dirle di tutto e di più, come testimoniano su questo stesso forum diversi genitori che hanno trovato il coraggio di scriverne.
2) Una soluzione più drastica, messa in atto quando ci si trovava davanti a madri più resistenti o coriacee, era quella del taglio netto della relazione. La prole arkeoniano semplicemente si rifiutava di vederle, parlare con loro o farle entrare in casa. Un po’ come succede con fuoriusciti e oppositori.
Ma se “tagli” il problema, non è detto che smetta di esistere, perché, secondo una delle ultime teorie del maestro che stavano entrando in voga, è quella che bisogna “far pace” con la “parte sacra della madre”. Allora, in caso di bisogno, il maestro pescava nel cerchio una bella “madre saggia” pronta all’uso la quale, nei momenti di picco emotivo, veniva messa di fronte all’orfano/a arkeoniano e gli diceva tante belle parole di conforto e benedizione (rigorosamente suggerite dal maestro) “Ti riconosco come donna”, “Ti do la mia benedizione”, “Adesso puoi essere una donna libera” ecc.
Potremmo chiederci, poi, che fine facessero queste “madri sagge” alla chiusura del seminario. Lo volete sapere? Scomparse nel nulla. E la ferita psichica derivante dal taglio netto dei rapporti con la genitrice guariva magicamente? Perché non leggiamo le parole di Bert Hellinger, (che viene citato anche sul sito ufficiale del gruppo):

http://www.psicologiaitinerante.it/27_Costellazioni_familiari_Bert_Hellinger/ 27_2_Costellazioni_Familiari_articoli.htm :

(…) Quando un bambino nasce ha due genitori. Non possono essere che quei genitori perciò questi genitori sono i migliori per questo bambino. Non ci possono essere altri genitori migliori . sono quelli giusti per questo bambino (…)

(…) E chi è un buon terapista? Un buon terapista onora i genitori dei suoi clienti egli non permetterà a nessuno di accusarne i genitori. Perché non appena qualcuno accusa i suoi genitori interrompe la continuità del fluire della vita. Questa semplice verità è per molti davvero nuova puoi renderti conto che in molte psicoterapie alcuni psicoterapisti si alleano con il cliente contro i suoi genitori. Ma nessuno può essere in pace con se stesso o con se stessa ammenochè non sia in pace con i suoi genitori.
Quando incontrate persone depresse, rilevate sempre che essi hanno rifiutato uno dei loro genitori. La depressione è curata quando essi sono aiutati a riconciliarsi con i loro genitori.

http://www.costellazionifamiliari.it/cosasono.html#ViolazioniOrdineAmore :

(…) Nel sistema familiare vige un senso dell'ordine e dell'equilibrio, la coscienza del clan, per cui ogni torto fatto ad un predecessore deve essere compensato da un successore. Questa coscienza si fa carico delle persone escluse e dimenticate dalla nostra anima e non si arrende fino a che non viene ridato, all'escluso, un posto e la dignità nel nostro cuore.

Quindi, finchè una persona è esclusa o dimenticata, nel sistema agisce una pressione affinché un successore in qualche maniera ne difenda i diritti, identificandosi con lui, a volte imitandone il destino negativo come una malattia o la morte precoce.(…)


Tiresia
- continua