Fu un duro colpo per tutta la famiglia: ho quattro figli, l’ultima dei quali si era sposata da circa un anno (sia lei che il marito erano innamoratissimi) e proprio nel momento del manifestarsi della tragedia entrò nel gruppo.
Mi accorsi che il suo comportamento cominciò a subire un grave cambiamento: diradò le telefonate e le visite fino a interromperle del tutto nel giro di qualche mese.
Ogni volta che la chiamavo per chiederle se c’era qualche problema, lei era sempre evasiva, aveva fretta di interrompere la comunicazione e, se insistevo nell’invitarla a venire a trovare il padre, si arrabbiava e rispondeva in malo modo dicendo che era stanca e sovraccarica di lavoro per cui “non poteva permettersi di venire”.
Arrivò Natale e io cercai di radunare intorno a mio marito tutta la famiglia, ma lei non venne pur sapendo che per lui quello sarebbe stato l’ultimo Natale.
Pur se molto addolorata nel dover negare al padre la gioia di avere accanto tutti i figli, credetti alle giustificazioni di mia figlia…
Venne a trovarci con il marito solo diversi giorni dopo.
Voleva mostrarsi affettuosa, ma in lei c’erano note di tensione e falsità che non capivo: parlava e si muoveva come se fosse in casa di estranei per cui induceva tutti a rispettare le formalità.
Non c’era più in lei la familiare naturalezza e tenerezza che la distinguevano.
Ne fui allarmata: la sentivo lontana, non era più la stessa, eludeva le mie domande rispondendo in modo evasivo o cambiando discorso.
Dopo il pranzo si offrì di aiutarmi a rigovernare e il marito venne a sedersi vicino a noi.
Cominciò a parlare con me raccontando che lui e mia figlia stavano vivendo un’esperienza straordinaria della quale mi voleva rendere partecipe: sosteneva che questo gruppo avrebbe risolto tutti i loro problemi, li avrebbe resi felici, avrebbe insegnato a fare un lavoro di analisi psicologica, a rimuovere i “processi” che bloccavano la loro personalità, a sfidare il mondo senza paura e al riparo da ogni male, anche fisico, nella ricerca di un presunto equilibrio interiore.
Mi consigliò di usare il metodo di Arkeon con mio marito per guarirlo dal suo male, arrivando addirittura a fare davanti a me un “trattamento” ai medicinali che gli somministravo perché i suoi maestri dicevano che questa procedura ne avrebbe eliminato tutti gli effetti collaterali.
Io dissi che mi fidavo di loro e che ero incuriosita dal metodo solo come mezzo di introspezione personale, ma posi le mie condizioni:
a- mio marito era in fase terminale (morì due mesi dopo), la mia priorità era assistere lui e non potevo distrarmi;
b – prima di entrare nel gruppo, avrei voluto saperne di più.
A questi interrogativi non dava risposta, continuando a decantare il privilegio di far parte del gruppo e di avere un maestro che guidava personalmente ogni membro.
Mi sembrò strano che svicolasse, ma dopo molte insistenze da parte mia sul conoscere lo svolgersi dei seminari e le pratiche effettuate all’interno sugli adepti mi disse queste testuali parole: “i maestri non vogliono che se ne parli fuori dal cerchio”.
Questa affermazione mi fece rabbrividire e ricordo che dissi d’impulso: “mio Dio, questa cosa mi sa tanto di setta”.
Lui non rispose a ciò, ma obiettò che dovevo assolutamente andare a vedere di persona come funzionava il metodo, senza essere schiava delle esigenze della famiglia perché avevo il diritto e il dovere di pensare prima di tutto a me.
Dissi che era impossibile, poiché mio marito a causa del tumore era stato dichiarato invalido al 100% con diritto di accompagnamento per cui, sia per amore che per coscienza morale, non avrei mai potuto lasciarlo, persino la legge me lo vietava.
Alché egli esclamò: “Come viene fuori quello che ha dentro di sé: lei si nasconde dietro la legge, teme il giudizio degli altri e non trova il coraggio di rivelare quello che vuole veramente, disfarsi di suo marito. Lei in realtà, dopo anni di disagi, vuole solo che lui muoia”.
Era, la sua, un’idea semplicemente aberrante.
E di aberrazioni ne ho viste ben altre all’opera in quei mesi.
Arkeon è una setta? Penso di si.
So che da quel giorno i rapporti con mia figlia cessarono del tutto per riprendere all’improvviso solo dopo qualche tempo con una telefonata nella quale mi annunciava, in preda alla disperazione più atroce, che il marito l’aveva lasciata per stare nel gruppo. “Tra te e il maestro, scelgo il maestro”, aveva detto alla moglie.
Venni a sapere che avevano partecipato ad un intensivo nel quale mia figlia aveva ravvisato tante storture di pratiche psicologiche con le quali i “maestri” assoggettavano alla loro la volontà degli adepti, recidevano alle radici i rapporti familiari e di amicizia dei nuovi arrivati, inducendo in loro memorie di incesti perpetrati a loro danno dai genitori, del tipo: “gli abbracci e i baci di tua madre mirano solo a portarti a letto, oppure “tu non lo ricordi, ma quando eri piccola tuo padre ha abusato di te”. Indurre le persone a creder certe cose può essere devastante.
Raccontò che le donne si dovevano prostare a terra davanti agli uomini e dichiararsi loro schiave, che facevano esercizi traumatizzanti e riti strani con rumori assordanti e fumi acri di incensi vari.
Riconobbe anche lei, come io avevo ravvisato in lei e nel marito, la capacità del gruppo di distruggere la personalità dell’individuo per metterlo in balia della loro demenziale stoltezza e in loro potere… potere economico oltre che asservimento delle persone, visto che i seminari costavano fior fior di milioni pagati in nero, che arricchivano impropriamente le loro casse riducendo molti malcapitati sul lastrico… A meno che non si diventi a propria volta maestro arricchendosi a danno degli altri affiliati. Era questo il proposito di mio genero. Sorridendo, diceva: “Voglio diventare come il mio maestro, lavora poco o niente, guadagna moltissimo ed è idolatrato da tutti gli allievi come guida spirituale assoluta della loro vita”.
A quel punto mia figlia disse chiaro e tondo a suo marito che non aveva più intenzione di frequentare il gruppo, con il risultato che lui la abbandonò per andare istantaneamente a vivere con la donna che lo aveva introdotto nel gruppo.
Mia figlia cadde in uno stato di sofferenza indescrivibile, era completamente devastata nella fiducia in sé poiché l’abbandono era stato repentino e senza avvisaglie; si amavano molto ed era difficile per lei rassegnarsi ad una spiegazione così folle che in sintesi diceva “ ti lascio perché non fai il percorso, mentre l’altra è illuminata”.
Mia figlia continuava a sentire il maestro, il quale con quella che io definisco vera e propria crudeltà alimentava il suo senso di inadeguatezza rispetto all’altra adepta per spingerla a fare altri corsi, e perse la voglia di vivere: sperimentò sentimenti altalenanti, come istinto di suicidarsi, rabbia impotente, voglia di giustizia, pianto, pianto, pianto e dolore, senza fine.
Vennero fuori anche pratiche abusanti cui era stata sottoposta, proprio come ho sentito da altre testimonianze… l’avevo intuito, una madre certe cose le sente ma non volli forzarla a raccontare nulla fino a quando non se la fosse sentita. Con una sapiente manipolazione le avevano indotto dei falsi ricordi per cui si era convinta che alcuni episodi fossero realmente accaduti e ciò aveva ingenerato un odio profondo verso il padre e verso di me, presunta corresponsabile di un gesto così insano come l’incesto.
Questa gente si spaccia per psicologi, abusa dell’ingenuità e della sensibilità delle persone distruggendo famiglie e promettendo guarigioni assolutamente impossibili, al prezzo di tanti, tanti soldi rigorosamente non denunciati.
Esiste uno stato che ci tuteli e impedisca a questa gente di causare tanti e tali danni?
E la legge, cosa fa?
Una mamma che attende giustizia per sua figlia.
Simo
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