mercoledì 27 maggio 2009

Il femminile


Il nesso tra cappuccetto rosso e i vari processi del femminile inventati per continuare "il lavoro" era l'apparente ingenuità della stessa (magistralmente messa in luce, ad esempio, da Stefano Benni in "Terra!" nel capitolo intitolato "Cappuccetto nero", oppure da Claudio Bisio, che dice: "metttete una cuffietta al vostro cane e poi ditemi se assomiglia a vostra nonna: se sì, dovete abbattere vostra nonna!". In pratica si dava della "cappuccetto rosso" a quelle donne che avevano un modo di fare ingenuo, semplice, a volte dotate di intelligenza "al limite" (quelle - come anche i maschi - un po' più lente a capire le cose o un po' meno attente e rapide nel dare risposte chiare e pungenti senza incasinarsi e senza offrire il fianco ad ulteriori bacchettate su nuovi "processi" inseriti ad arte). In ogni seminario, intensivo, lavoro in genere, il maestro era un fiume in piena di parole, esempi, aneddoti, citazioni - senza fonti - oggetti fatti girare nel cerchio, figure, pubblicità, fotocopie, storie fatte raccontare ad hoc dagli adepti più affidati che "dimostravano" la verità del metodo e della teoria, del tutto incuranti del fatto che il metodo scientifico procede per tentativi di FALSIFICAZIONE e non per racccolta, anche abbondantissima, di conferme. Dopo 10-12 ore di conferme, anche cappuccetto rosso era quello che diceva vito, non quello che ricordavamo da bambini. Dopo 10-12 ore di informazioni che vanno sempre e solo nel senso della assoluta ed incontestabile verità di arkeon e delle esperienze positive, mentre eventuali esperienze negative vengono sempre ed incontestabilmente liquidate in fretta, oppure legate a rovina, crolli, fallimenti, divorzi, morti, incidenti, tumori, aids conclamati contrapposti ad immunità dal virus o a virus scomparsi, la mente è sovraccarica e vulnerabile, e questo non lo dico io, ma cent'anni di psicologia sperimentale.

Per concludere, la donna in questione aveva avuto un aborto spontaneo perchè si era comportata da cappuccetto rosso essendo ingenuamente legata al bisogno e al desiderio di avere il suo compagno a fianco a sè, mentre lui era a mille km di distanza a frequentare, per soli 900 euro, il corso di "preparazione al master" che avrebbe fatto di lui un vero uomo, e lei, chiamandolo e dicendogli che stava male, voleva impedirglielo e viveva in un mondo fiabesco in cui si può essere la principessa con il principe azzurro, ma in realtà si sta realizzando il progetto della diabolica strega (la madre perversa), mantendo il proprio uomo piccolo e debole ed esendo forte di lamentele, capricci ed ingenuità. Percorrere le strade della città con il cappucceto rosso è una storpiatura del cosiddetto "shame attacking", esercizio inventato da Albert Ellis negli anni 60, che consisteva (e consiste tutt'oggi, anch'io ne ho dovuti fare alcuni nel mio "Primary Certificate in Rational Emotive Behaviour Therapy, nel 1996) nell'eseguire azioni che producono imbarazzo e vergogna (una fra tutte, famosa tra gli studiosi di Ellis, camminare in una strada del centro di New York con una banana al guinzaglio) per provare e superare tali sentimenti quando, durante una terapia, essi si rivelano inutili, controproducenti e dannosi per il cliente/utente/paziente. Tali esercizi sono utili se e solo se:

- A proporli è un terapeuta qualificato e autorizzato a farlo

- Dopo l'esercizio viene dedicata una seduta per ragionare insieme sui sentimenti prodotti, su possibili pensieri alternativi, su quali pensieri automatici si sono presentati durante l'esercizio, ecc.

- L'esercizio viene concordato e non imposto

- L'esercizio viene discusso, preparato, eseguito ed elaborato SOLO con il terapeuta e non insieme ad altri che non hanno l'impegno a mantenere la privacy del singolo. Se si sta lavorando in gruppo, tutti i partecipanti al gruppo devono avere firmato, oltre ai soliti moduli ex D Lgs 196/03, un impegno a mantenere la riservatezza su quanto viene detto durante i gruppi, che comunque non durano MAI più di 3 ore, e non sono composti MAI da più di 12 persone.

- Durante l'esecuzione dell'esercizio il paziente lo può interrompere in qualsisai momento, senza aspettarsi commenti negativi per questo, ma solo una pacata discussione su come mai si è fermato

- Si lavora insieme, si è d'accordo, c'è "alleanza terapeutica", altrimenti è colpa del terapeuta, che deve farsi supervisionare da qualcuno più esperto di lui.

...e potrei continuare, ma credo a La Jolla non abbiano insegnato nulla di tutto ciò.
Carlo

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