lunedì 19 aprile 2010

(11) Di cosa succede all’ Intensivo, altrimenti chiamato seminario residenziale “The Spirit of the Earth”

Quinto giorno di intensivo - continua -

Esercizio del fuoco sacro

Questo esercizio comincia verso il tardo pomeriggio. Ci si trova davanti al tempio e si fa il solito cerchio in piedi con il maestro che parla delle varie esperienze ed emozioni che i partecipanti hanno attraversato nei giorni precedenti, spiegando di nuovo l'origine di questi vissuti secondo le teorie arkeoniane, secondo il ben noto principio: "repetita juvant". Lo scopo è, come al solito, imprimere per bene le credenze del gruppo nelle menti dei partecipanti.
Non c'è una condivisione generale con il maestro che la conduce ma vengono fatti i soliti gruppetti che verranno condotti dagli assistenti. Durante i gruppetti, il maestro gira di qua e di là soffermandosi ad ascoltare le condivisioni di questo e quello, ma in genere interviene solo per sottolineare nuovamente le linee guida del pensiero arkeoniano ove ve ne sia necessità. In pratica, interviene per spiegare i motivi psicologici sottostanti ai vari processi ove i suoi assistenti non riescano a farlo da sè. Diciamo che opera una sorta di supervisione dell'operato degli assistenti.
I partecipanti sono stati invitati a portare con loro i vari oggetti che sono intenzionati a "lasciare andare" nel fuoco sacro al fine di "purificarli" dai processi che essi convogliano (ricordiamo la teoria reikiana dell'energia negativa che rimane attaccata alle cose e continua ad agire attraverso esse sulla psiche di chi le possiede, teoria che il gruppo ha fatta sua ed inserita nel caravanserraglio delle "verità arkeoniane"). Ai partecipanti era stato detto in precedenza di portare questi oggetti all'intensivo, durante i seminari di primo o secondo livello.
Prima di purificare gli oggetti attraverso il fuoco, i partecipanti devono condividere al loro gruppetto i motivi per cui li vogliono bruciare e ascoltare i feedback che arrivano loro dagli assistenti e dagli altri membri del gruppetto in cui sono.
Non sottolinerò mai abbastanza che nè gli assistenti nè (se non in rarissimi casi e del tutto casualmente) i partecipanti al gruppetto sono psicologi o psicoterapeuti o comunque hanno un'infarinatura circa i movimenti della psiche umana: le uniche cose che "sanno" sul funzionamento della mente sono quelle propinate dal maestro e le considerano veri e propri dogmi: indiscutibili, inappellabili, eterni e comunque giusti, quasi come se chi le ha propinate loro fosse una divinità esente da umani errori.
Potrei descrivere le assurdità che mi sono sentito dire circa le mie intime motivazioni e il significato delle mie azioni da bocche che a stento avevano raggiunto un titolo di studio pari alla terza media, ma che venivano approvate coralmente in quanto riportavano A PAPPAGALLO (quindi neanche con un minimo di elaborazione a livello di ricerca di termini o struttura della frase) ciò che in precedenza era uscito dalle labbra (sante?) del maestro.
Eventuali deboli obiezioni a quelle assurdità venivano da tutti additate come "resistenze" e guardate con disapprovazione. D'altra parte, era perfettamente inutile controbattere poichè, tutto quello che veniva detto di "non allineato", veniva liquidato come espressione di un "processo" che ancora ci si doveva fare e che era così e basta.
Ogni discussione veniva stroncata sul nascere dagli altri componenti del gruppetto che gridavano "Solo grazie!" in modo incazzato e con toni tali da scoraggiare gli ultimi guizzi di un eventuale animo/cervello che potesse vantare di aver conservato, in sè, una piccola parte ancora indomita (sempre che ve ne fosse rimasta una, dopo il trattamento cui era stato sottoposto nei giorni precedenti).
Per chi non avesse dimestichezza con le arkeoniane tecniche di inibizioni del pensiero critico, mi dilungherò un poco sul significato di quel "Solo grazie!" nominato poc'anzi.

Funzione del GRAZIE in arkeon
In arkeon ci sono precise regole di comunicazione che gli aderenti al gruppo devono seguire. Quando una persona condivide qualcosa al gruppo durante i momenti di condivisione/confessione pubblica, alla fine della sua condivisione, tutto il gruppo dice "grazie". Lo scopo di questo grazie dovrebbe essere quello di convogliare un messaggio in codice, da parte del gruppo, in cui viene espressa l'accettazione delle parole di chi ha parlato, una sorta di modo per dire "ti ho ascoltato, ho lasciato entrare le tue parole, sono stato attento a ciò che hai detto, le tengo dentro per vedere se muovono qualcosa anche in me ecc." Questo codice viene utilizzato anche quando i membri del gruppo parlano fra loro privatamente; soprattutto se sono particolarmente "invasati" lo usano con una certa frequenza anche a casa, col partner ecc. Il grazie può esprimere anche un'emozione di rabbia se viene detto in modo aggressivo.
Il grazie, però, si usa anche per "fermare l'energia automatica" che, nella spiegazione del maestro, è quella della "botta e risposta". Se, x ex, io esprimo un mio giudizio ad un altro su qualcosa che ha fatto o su come penso che egli sia, o sulle motivazioni che penso siano alla base del suo modo di comportarsi, o su quello che ritengo sia il suo "processo" (troppi in arkeon si improvvisano fini conoscitori dei processi altrui, ve lo garantisco, con un'arroganza pari alla loro presunzione, il che corrisponde ad indicarne una quantità notevolissima), l'altro deve bloccare ogni e qualsiasi commento relativo a ciò che io ho detto e rispondere solo "grazie". In questo modo, viene bloccata l'energia automatica della botta-e-risposta e questo dovrebbe servire a chi ascolta per comprendere che tipo di emozione sollevano in lui le parole dell'altro; dovrebbe servire altresì a chi ha parlato per riconoscere un'eventuale proiezione sull'altro di sue personali istanze inconsce che egli ha riversato sul suo interlocutore. In realtà, quasi nessuno in quel gruppo è in grado di riconoscere i fenomeni di transfert e contro-transfert e le cose vengono sempre ricondotte alle dinamiche relazionali spiegate dal maestro senza un effettivo lavoro di introspezione dal momento che nè il maestro stesso nè tantomeno i suoi assistenti hanno la capacità di farlo. Tutto viene sempre ricondotto entro i ristretti parametri interpretativi arkeoniani che in nessun caso contemplano le infinite sfaccettature della psiche ma si limitano a fornire spiegazioni pre-confezionate degli stati psichici e dei movimenti interiori delle persone.
Quando, nel gruppo, qualcuno osa controbattere le parole del maestro o solleva un'obiezione, il maestro espone al malcapitato le arkeoniane ragioni secondo le quali egli ha torto e il maestro ragione. Se il malcapitato continua a "rompere", è il gruppo stesso che lo aggredisce, zittendolo con un bel "Solo grazie!" urlato all'unisono. In questo modo la resistenza è debellata e il malcapitato deve stare zitto o andarsene. Le mezze misure, le sfumature di significato, le finezze interpretative non esistono in arkeon, come molti di noi spero abbiano notato.

Riprendo la descrizione del nostro esercizio. Allorchè tutti i partecipanti hanno finito di condividere le motivazioni che li spingono a bruciare nel fuoco sacro gli oggetti (il più delle volte regali che hanno ricevuto da qualche perverso genitore o parente o dal pedofilo stesso) vengono invitati a disporsi in cerchio intorno al fuoco. Non crediate che sia un fuocherello da campeggio: è una vera e propria pira che arde dall'inizio dell'intensivo e viene continuamente alimentata dagli addetti al fuoco. La distesa di braci e legna ardente misurerà all'incirca 3 o 4 metri di diametro ed è contenuta in un più vasto cerchio di pietre.
I nostri partecipanti si dispongono quindi intorno al fuoco, in cerchio e per mano, e a turno cominciano a buttare gli oggetti tra le fiamme. Mentre li buttano, gli altri osservano un rispettoso silenzio e ognuno precede il "sacrificio" di qualche pezzo del suo passato dicendo più o meno: "Lascio andare nel sacro fuoco ...."
La cerimonia è molto suggestiva: è ormai calata la sera e l'illuminazione del luogo è fornita dal fuoco stesso. Si sta tutti ipnotizzati a fissare gli oggetti che bruciano crepitando o che non crepitano ma scompaiono inghiottiti e disfatti dal calore.
Quando tutto ciò che si doveva bruciare è stato bruciato, un assistente comincia a battere sul tamburone in modo ritmico e le persone, questa volta a turno, cominciano un primo giro di urla rivolte al fuoco: "in questo fuoco lascio andare..."
L'esercizio comincia ad avere un vero e proprio andamento ipnotico con un crescendo di esaltazione in cui i vari partecipanti lasciano andare nel fuoco il loro rapporto con la madre, la relazione col pedofilo, e tutto ciò che sono stati convinti di avere di "perverso" o "non sciolto a livello di processo personale". Poi il maestro passa alla mistica fase successiva in cui non si urla più al fuoco ciò che si sta lasciando andare ma ci si appella direttamente a Dio dicendo "Dio ti offro...." e qui c'è chi mette la propria integrità, vulnerabilità, ecc, finchè, tutti esaltati e con gli occhi grondanti lagrime d'esaltazione cominciano ad urlare "Dio ti offro la mia vita" e giù a singhiozzare in preda all'esperienza mistica.
Se la memoria non mi inganna, è stato proprio durante questa bella cerimonia che esalta l'animo verso i contenuti più alti della sfera spirituale che la moglie del maestro è caduta a terra svenuta perchè duramente provata dai giorni precedenti e con bronchite e 40 di febbre ed è stata lasciata giacere lì dov'era a "farsi il suo processo" perchè, secondo il maestro e quella manica di cialtroni che ha intorno, voleva solo "attirare l'attenzione". Alla faccia dei contenuti spirituali, verrebbe da dire!

Alla fine di questo mistico esercizio, una volta che l'animo dei partecipanti era ben esaltato e in "comunione con Dio e l'universo intero" nonchè sulla via tracciata dallo spirito stesso, il cerchio si scioglie e il maestro dice che chi vuole può rimanere a dormire vicino al fuoco o nel tempio stesso, ovviamente dopo la cena che si terrà verso le 23-24.
Il giorno dopo chi vuole può fare ki-trainig e dopo colazione c'è la "cerimonia di chiusura" dell'intensivo.
Le persone vengono fatte entrare nel tempio dove il maestro ha preparato, all'interno del cerchio delle sedie su cui si siedono i partecipanti, un cerchio di lumini spenti con sotto una figurina degli angeli di Findhorn (maggiori info su queste cartine si ottengono con una breve ricerca con google). In mezzo al cerchi c'è un grosso cero acceso e a turno i partecipanti devono prendere il lumino che "sentono" li stia chiamando e andare ad accenderlo sul grosso cero al centro e poi condividere al gruppo l'angelo che c'è sotto. Se ancora qualcuno si vuol fare qualche processino può prendere spunto dal fatto che non riesce ad accendere bene il suo lumino, o che il lumino si spegne, o che gli cade mentre l'accende ecc.
Se rimangono le ultime condivisioni da fare si possono fare e poi ci si saluta e si va a mangiare e poi si parte per tornare a casa.
Il maestro non manca di ricordare di "portare con sè ciò che si è appreso durante l'intensivo nella vita di tutti i giorni".
Alcuni dei fidati assistenti si fermano per aiutare a smontare la scenografia dell'intensivo e a montare quella del pre-master che comincerà la sera dopo.
Tutti si salutano come saluterebbero dei vecchi e carissimi amici, con parole di incoraggimento e imperituro affetto, salvo restando il fatto che pochissimi si frequenteranno all'infuori dei seminari e praticamente nessuno ti rivolgerà più la parola se decidi di uscire dal gruppo.

Tiresia